Come ogni forma di vita, anche noi esseri umani siamo caratterizzati dalla ricerca del cibo, la fonte energetica che consente al nostro corpo di essere attivo e funzionante in modo efficiente. Grazie al nostro cervello, evolutosi e plasmatosi nel corso di milioni di anni in una sempre più efficace macchina del pensiero, sin dai tempi preistorici abbiamo ricercato le migliori soluzioni per soddisfare il nostro naturale appetito con le tecniche di caccia e raccolta.
In ambito alimentare, uno dei passaggi fondamentali per la nostra specie avviene con la scoperta del fuoco e soprattutto su come utilizzarlo per cuocere i cibi; la sua importanza è tale che molti antropologi sono concordi nell’affermare che solo da quel momento si può parlare di civiltà umana. Il fuoco ci ha permesso di cuocere e riscaldare gli alimenti, di scaldarci e difenderci dagli animali, di illuminare le notti.
È nel Neolitico (dal 5000 al 4000 a.C.) che si inizia a parlare di una vera forma di gastronomia: a questo tempo risalgono la conquista dell’agricoltura e i primi tentativi riusciti di addomesticamento degli animali. Tali scoperte cambiano per sempre il volto della nostra specie, che da nomade diventa via via sempre più stanziale, sino a una completa sedentarietà. Coltivazioni e allevamenti sono anche gli strumenti che ci permettono di avere a disposizione cereali e latticini, tuttora pilastri della nostra alimentazione.
Proprio grazie ai cereali si assiste alla nascita delle focacce primitive, ottenute frantumando i chicchi e cuocendo l’impasto su pietre roventi. Successivamente, l’uso di rudimentali vasi in terracotta resistenti al calore del fuoco permette di cuocere i cibi al loro interno, poi la scoperta della cottura nell’acqua consente di cucinare brodi e zuppe con carne, legumi, verdure e cereali.
È quindi la produzione sistematica del cibo a dar vita alle prime vere civiltà umane complesse. L’agricoltura e l’allevamento diventano i capisaldi su cui esse poggiano e rendono possibili stili di vita molto simili a quelli attuali. Ogni luogo ha le sue tipicità, patate e granoturco nelle Americhe, grano e orzo in Medio Oriente, riso e miglio in Asia, tuttavia sono frutti del medesimo intervento umano, che ha inventato e selezionato intenzionalmente delle colture specifiche sviluppando le tecnologie adatte per mantenerle e propagarle. È dunque corretto affermare che gli esseri umani cambiarono le piante, che a loro volta trasformarono le civiltà.
Attorno al cibo si consolidano società organizzate in strutture politiche, religiose ed economiche di grande complessità, molto più stratificate e gerarchizzate rispetto alle versioni primitive dei cacciatori-raccoglitori. Il surplus agrario rende necessario creare dei magazzini per conservare gli alimenti, mentre i sistemi di irrigazione si fanno più efficienti per rispondere alle esigenze di un’agricoltura sempre più estesa.
Il potere politico si concentra in poche mani, le danze propiziatorie per la fertilità del suolo acquistano significati più corali, trasformandosi nelle religioni di stato, i banchetti offrono l’occasione per ostentare la propria ricchezza. Il cibo diventa in breve la forma antica della moneta e, flirtando col potere, ne diventa lo strumento di esercizio.